25 giugno 2018
LA GESTIONE AGRONOMICA DELLE SPECIE INVASIVE
Si sente sempre più spesso parlare di specie aliene, invasive, neofite, esotiche, spontanee, introdotte, avventizie: sono tutti termini frequentemente usati in letteratura per identificare le diverse tipologie di specie non autoctone. Tuttavia, il loro significato non è facile da comprendere, anche perché può variare a seconda dell’autore e del periodo storico in cui sono utilizzati. Infatti gli organismi vegetali possono muoversi, o meglio possono verificarsi situazioni per cui parti di essi si staccano dalla pianta madre dando vita a nuovi individui.
Attraverso la produzione e dispersione di spore o semi, invece, sono in grado di dare origine a nuove plantule anche a considerevole distanza, poiché spostati dal vento o dagli uccelli e/o insetti. Le specie vegetali possono perciò “spostarsi” in aree nuove, dove sono presenti ambienti che soddisfano le loro esigenze ecologiche. In Europa sono presenti circa 12.000 specie animali e vegetali esotiche; di queste circa il 15% è ritenuto invasivo. Questo fenomeno determina rilevanti impatti negativi su ambiente, salute pubblica ed economia. L’introduzione delle specie esotiche rappresenta un costo per l’intera società: nella sola Unione Europea viene stimato che le specie esotiche invasive causino danni socio-economici per oltre 12 miliardi di euro (Genovesi, 2015). La crescita del fenomeno è esponenziale: il ritmo di introduzione di specie in Unione Europea è aumentato del 76% negli ultimi trent’anni e, analisi più recenti, confermano un trend in continua crescita per i prossimi decenni. La globalizzazione delle economie con l’aumento degli spostamenti delle merci dovuto all’incremento degli scambi commerciali rappresenta uno degli elementi in grado di spiegare l’esplosivo ritmo di crescita del fenomeno. Anche la crescita del turismo e delle attività connesse contribuisce, con la libera circolazione delle persone, al superamento di barriere naturali quali oceani, catene montuose, deserti e grandi fiumi favorendo l’introduzione di nuove specie. Inoltre, il cambiamento climatico in atto ha un ruolo altrettanto fondamentale nel rendere le colture e gli ecosistemi più vulnerabili alle invasioni biologiche, creando in alcuni casi condizioni ecologiche favorevoli a specie che in passato non sarebbero state in grado di colonizzare determinati ambienti.
La presenza di specie esotiche invasive è una delle principali cause di perdita di biodiversità sulla Terra (Convenzione di Rio 1992) e anche sul territorio piemontese sono diversi gli esempi di ambiti territoriali in cui la presenza di specie invasive determina modificazioni significative della struttura e del livello di biodiversità di habitat naturali e semi-naturali. Le specie esotiche invasive tendono a soppiantare le specie autoctone per mezzo di efficaci strategie riproduttive (elevata produzione di semi e polloni, mantenimento della vitalità dei semi in uno stato di quiescenza nel terreno in attesa di condizioni idonee per svilupparsi, etc.), rapido accrescimento, elevata capacità di resistenza, adattamento e persistenza (assenza di nemici naturali, adattamento rapido a condizioni anche estreme, etc.), produzione di sostanze chimiche allelopatiche in grado di inibire lo sviluppo delle altre specie. Un esempio emblematico per il Piemonte è Reynoutria japonica che invade le aree ripariali dei principali fiumi della regione. Si tratta di una specie a crescita e diffusione molto rapida, pertanto una volta che questa specie colonizza un tratto di fiume, tende a formare ampi popolamenti monospecifici densi che impediscono la crescita di altre piante. È iscritta nella lista IUCN delle 100 specie più invasive al mondo e una volta che colonizza un ambito territoriale risulta difficile contenerla ed estirparla. Inoltre, in autunno, i fusti muoiono e resta vitale solo l’apparato radicale sotterraneo, perciò per molti mesi ampi tratti di sponda fluviale rimangono privi di vegetazione e sono quindi soggetti a fenomeni di erosione. Pertanto, oltre a determinare impatti significativi e persistenti sulla biodiversità fluviale, determina forti criticità e costi anche per la gestione idraulica e di stabilità degli argini e delle sponde fluviali.
Infine, come non accennare a Myriophyllum aquaticum. Si tratta di una pianta acquatica originaria del Sud America e introdotta in Italia nella seconda metà del secolo scorso. Molto utilizzata come pianta ornamentale in fontane, stagni privati e acquari. L’introduzione in natura è legata principalmente allo scarico delle acque derivanti dalla pulizia degli acquari. E’ riconosciuta a livello internazionale come specie fortemente invasiva degli ambienti acquatici (”Elenco delle specie invasive di rilevanza unionale” ai sensi del Regolamento Europeo n. 1143/2014 ed è inclusa nelle Black List delle specie esotiche invasive vegetali della Regione Piemonte), colonizza infatti stagni, laghi e altri corpi idrici con acque ferme o lentamente fluenti, ma è segnalata anche come invasiva di canali irrigui e del reticolo idrografico minore. Myriophyllum aquaticum altera significativamente le caratteristiche chimiche e fisiche degli ambienti che invade (ad es. riduzione della luminosità, consumo dell’ossigeno disciolto, occupazione dello spazio disponibile, ecc.). L’alterazione dell’ambiente fisico ha conseguenze negative su molte comunità di organismi (altre piante acquatiche, alghe, invertebrati, pesci) e determina un generale impoverimento della biodiversità di questi ambienti. Le specie esotiche invasive possono causare impatti negativi di diversa natura sull’economia. Tra tutti, ridurre la produzione delle colture agrarie, danneggiare infrastrutture e manufatti, aumentare i costi di manutenzione e gestione del territorio. In agricoltura numerose sono le specie esotiche che sono diventate infestanti note delle tradizionali coltivazioni agrarie piemontesi e per le quali vengono adottati specifici programmi di contenimento: Abutilon theophrasti nella coltura del mais; Cyperus spp. ed Heteranthera reniformis nella coltura del riso. In ambito extra agricolo/urbano ricordiamo Ailanthus altissima, specie arborea originaria della Cina ampiamente diffusa in Piemonte. In tali contesti è necessario attuare piani di eradicazione e contenimento con un notevole aggravio dei costi di manutenzione ordinaria di tali ambiti.
La gestione agronomica di un problema reale come quello delle specie invasive è sentita soprattutto per la mancanza di strumenti utili a debellare il problema. I metodi di lotta contro le infestanti comprendono metodi diretti che mirano all’eliminazione della pianta dal punto di vista meccanico (mediante tecniche di sradicamento, sfalcio, trinciatura, pirodiserbo, lotta biologica con nemici naturali, diserbo chimico) , metodi indiretti che puntano a creare le condizioni sfavorevoli per il loro sviluppo (es. uso di cover crops) ma prima di tutto è necessario puntare alla prevenzione adottando tecniche di lavorazione corrette, rotazioni e uso di sementi certificate. Inoltre principi chimici in grado di distruggere queste specie spesso non sono autorizzati e all’azienda agricola non rimane che cercare di tamponare la situazione utilizzando mezzi di lotta meccanica e alternando i tipi di coltura principale per avere il più ampio spettro di prodotti fitosanitari utilizzabili e sfruttare la naturale competizione delle piante. Il problema si ripercuote maggiormente in colture come il riso, che, spesso coltivato in monosuccessione, vede la necessità di essere gestito secondo uno schema di lotta integrata che deve mettere a disposizione la combinazione di diverse soluzioni.