9 maggio 2018
AGRICOLTURA CONSERVATIVA: L'OPERAZIONE 10.1.3 DEL PSR
Dal dopoguerra a oggi i mutamenti della società, degli stili di vita e dello sviluppo demografico hanno richiesto a tutti i sistemi produttivi e commerciali modifiche rapide e costanti.
Questo sviluppo ha chiaramente coinvolto anche il settore primario che ha dovuto rispondere in tempi ancor più rapidi all’aumentata richiesta di cibo delle popolazioni che via via si insediavano nelle nuove aree urbanizzate, zone fino a pochissimo tempo prima dedicate alla produzione agricola.
L’agricoltura, nella sua crescita, in un ambito di sempre minori superfici da coltivare, ha usufruito degli straordinari progressi della ricerca in campo chimico, genetico e meccanico, dello sviluppo dei trasporti e delle comunicazioni ed è riuscita a rispondere attivamente alle sempre crescenti necessità dell’industria di trasformazione alimentare.
Lo sviluppo tecnologico ha richiesto modifiche strutturali che hanno mutato considerevolmente gli ordinamenti agronomici ed economici delle aziende.
Senza dimenticare la presenza di vasti latifondi, nel dopoguerra la stragrande maggioranza delle aziende agricole era a conduzione famigliare il cui obiettivo primario era l’autosufficienza alimentare dell’agricoltore, della sua famiglia e degli eventuali braccianti.
La struttura aziendale produttiva era basata su ordinamenti colturali molto variegati, la cui parte preponderante era rappresentata dalle colture foraggere pluriennali per l’alimentazione del bestiame allevato, importante anche per lo stallatico prodotto, che rappresentava il principale fertilizzante.
La fertilità dei terreni era garantita dai costanti apporti di stallatico e a limitate pressioni produttive.
La necessità di aumentare le produzioni per rispondere alle crescenti esigenze di cibo, accompagnata da prezzi crescenti che assicuravano maggiori redditi e aumentate capacità di spesa e di investimenti, ha portato l’agricoltore ad aumentare le dimensioni aziendali e a modificare sostanzialmente gli ordinamenti produttivi, con l’abbandono dei piccoli allevamenti aziendali, la rottura delle foraggere pluriennali, l’approfondimento delle lavorazioni grazie all’utilizzo di mezzi agricoli sempre di maggiori dimensioni e, negli ultimi anni, con la semplificazione degli avvicendamenti fino all’adozione della monocoltura.
Se questo cambiamento ha contribuito ad arricchire l’agricoltore di conoscenze, competenze e professionalità, d’altro canto ha prodotto riflessi negativi sulla fertilità dei suoli, a causa della minore dotazione di sostanza organica, che li assoggetta a minore strutturalità, a una minore resilienza ai fenomeni climatici estremi che si stanno manifestando e maggiori richieste di nutrienti e di interventi fitochimici.
In questi ultimi decenni per contrastare questi fenomeni di impoverimento strutturale e di fertilità si stanno affermando, seppur gradatamente e non senza difficoltà, sistemi di agricoltura conservativa, basati sul ritorno all’avvicendamento, a una riduzione degli interventi meccanici con l’alleggerimento della profondità di lavorazione e sull’apporto di sostanza organica ai terreni.
Il Programma di Sviluppo Rurale 2014/2020 della Regione Piemonte, nell’ambito della Misura 10 – Pagamenti agro climatico ambientali - ha previsto un provvedimento specifico per consentire alle aziende che vi aderissero premi volti all’adozione di alcuni sistemi virtuosi di agricoltura conservativa, l’operazione 10.1.3. La durata di questa operazione è di 5 anni.
Con questa operazione la Regione riconosce che “il rischio di impoverimento della sostanza organica e di erosione a causa della progressiva intensivizzazione delle pratiche agricole, particolarmente evidente nei terreni coltivati a seminativi e a colture arboree da frutto, comporta una maggior esposizione nei confronti dei cambiamenti climatici e dei rischi naturali, riducendo al contempo la biodiversità del suolo.
L'intervento contribuisce a soddisfare in via prioritaria le necessità sul territorio regionale di:
- migliorare la conservazione del suolo,
- limitare la contaminazione delle risorse non rinnovabili da parte delle attività agricole,
- diffondere le pratiche agricole e forestali idonee ad incrementare il sequestro di carbonio,
- concorrere alla conservazione della sostanza organica del terreno”.
Senza entrare nei dettagli tecnici e amministrativi, tralasciando i rapporti tra questa operazione e le altre previste dalla Misura 10, e rimandando ai testi dei bandi e delle procedure attuative, il Psr regionale ha strutturato l’operazione 10.1.3 in tre azioni:
- Azione 10.1.3.1 : Introduzione delle tecniche di minima lavorazione.
- Azione 10.1.3.2 : Introduzione delle tecniche di semina su sodo
- Azione 10.1.3.3: Apporto di matrici organiche palabili in sostituzione della concimazione minerale
accompagnate dalla possibilità da parte delle aziende aderenti di aderire all’impegno facoltativo “Coltivazione di erbai autunno-vernini da sovescio”.
Ciascuna azienda ha la facoltà di decidere quanta superficie condotta può essere destinata a queste azioni: non vi è l’obbligo (com’è invece previsto per altre) di estendere l’impegno a tutta la superficie condotta. Sono escluse le superfici a seminativo ritirate dalla produzione e quelle destinate a produzioni vivaistiche.
Sono ammissibili all’aiuto previsto dalle azioni 1 (introduzione delle tecniche di minima lavorazione) e 2 (introduzione delle tecniche di semina su sodo) le superfici coltivate a seminativo. Trattandosi di operazioni legate alle lavorazioni del suolo, i prati avvicendati, che non subiscono lavorazioni annuali del terreno, sono ammissibili all’aiuto soltanto nell’anno di semina. Gli appezzamenti nei cinque anni in cui si attuano gli impegni previsti dalle azioni 1 e 2 non possono cambiare: devono essere gli stessi dall’inizio alla fine del quinquennio.
Invece, le superfici su cui attuare l’impegno dell’azione 3 (apporto di matrici organiche palabili in sostituzione della concimazione minerale) possono cambiare nel quinquennio, a patto che negli anni successivi al primo la superficie al primo anno non aumenti oltre il 25% o diminuisca più del 20%.
Sono ammissibili all’aiuto dell’azione 3 le superfici coltivate a seminativo diverse dalle leguminose, nonché le superfici a colture arboree da frutto (vigneti, frutteti, frutteti per frutta a guscio). L’azione 3 è stata istituita per incrementare le superfici su cui vengano distribuiti effluenti di allevamento, digestati o compost che normalmente non ricevono matrici di sostanza organica; per questo motivo la Regione ha stabilito che le matrici organiche da distribuire siano di origine extra aziendale e non siano ammissibili ai premi previsti da questa operazione i terreni concessi in asservimento a terzi, né quelli presi in asservimento da terzi. Sempre per questo motivo sono escluse dell’aiuto le aziende che risultino titolari di allevamenti zootecnici e/o di impianti di digestione anaerobica per la produzione di biogas i cui digestati siano destinati all’utilizzo agronomico.
Gli aderenti all’azione 1 (introduzione delle tecniche di minima lavorazione) non devono effettuare arature o vangature; sono ammesse le sole operazioni eseguite con attrezzi portati, semi-portati o trainati dotati di organi lavoranti non mossi idraulicamente o dalla presa di forza (per esempio erpici a denti, erpici a dischi); non sono ammesse le lavorazioni del terreno oltre i 15 cm di profondità, come non sono ammessi interventi straordinari di livellazione sui terreni ove si applica l’impegno.
Tutte le colture presenti su queste superfici (principali, secondarie e intercalari) devono essere coltivate nel rispetto di queste norme.
Anche le operazioni di fertilizzazione con interramento devono rispettare il vincolo dei 15 cm di profondità.
Gli interventi colturali che non comportino movimentazione del suolo (per esempio irrigazioni, trattamenti, fertilizzazioni senza interramento, raccolte) sono consentite senza nessuna limitazione.
Le norme dell’azione 2 (introduzione delle tecniche di semina su sodo) prevedono di seminare tutte le colture (principali, secondarie e intercalari) che nei cinque anni d’impegno si succederanno sulle superfici impegnate, direttamente su terreno non lavorato, cioè su sodo.
E’ ammessa esclusivamente per le colture seminate a file distanti oltre 40 centimetri (esempio, mais, sorgo, girasole) la lavorazione in bande, lavorando esclusivamente le file di semina per una larghezza massima di 20 cm e ad una profondità massima di 15 cm, in modo che la superficie lavorata non superi il 25% della superficie complessiva. Fa eccezione il riso seminato in acqua.
Trattandosi di un’azione che esclude ogni lavorazione del suolo non sono ammesse ripuntature o rippature.
Lo scopo dell’azione 3 (apporto di matrici organiche palabili in sostituzione della concimazione minerale) è contenuto nel titolo: sostituire parte dei concimi azotati di sintesi con materiali organici di origine extra aziendale.
Le matrici distribuibili, come recitano le norme attuative, devono essere di origine extra-aziendale in forma palabile: letame, frazioni solide da separazione solido/liquido dei reflui zootecnici o di digestato classificato sottoprodotto ai sensi dell’art. 184 bis del D.Lgs. 152/2006 oppure assimilato a refluo zootecnico ai sensi della DGR 23.02.09 n. 64-10874 o ammendanti compostati di cui all'All. 2 del D.Lgs. 75/2010. Non sono ammissibili altri materiali classificati come “assimilati al letame” ai sensi dell’art. 2 del Reg. 10/R/2007 (es. palabili avicunicoli).
L’azione vuole che in campo venga distribuito un quantitativo minimo annuo, espresso in termini di sostanza secca, pari almeno a 4 t/ha alle colture arboree da frutto, 6t/ha alle colture erbacee di pieno campo.
La documentazione di acquisizione delle matrici deve indicare la tipologia e la quantità di materiale consegnato, l’origine, la destinazione e la data di consegna e, insieme agli eventuali referti analitici, va conservata in azienda per l’intero periodo di impegno.
Le aziende dovranno disporre di un piano di concimazione basato sul bilancio semplificato asporti/apporti, nel rispetto dei massimali previsti per le Zone Vulnerabili ai Nitrati, qualora applicabili.
Impegno comune alle tre azioni è mantenere costante la copertura del suolo per evitare perdite azotate. L’operazione infatti prevede che a partire dalla raccolta della prima coltura valevole per il 2016, la coltura successiva deve essere seminata entro 40 giorni dalla raccolta. Qualora non sia possibile seminare una coltura a fini produttivi, dovrà essere seminata una coltura intercalare da sovescio: l’origine della semente impiegata per la realizzazione dell’erbaio non può essere autoprodotta ma deve essere acquistata e corrispondere a quantitativi minimo per assicurare la più completa copertura del terreno affinchè l’erbaio possa effettivamente assorbire l’azoto del terreno che diversamente andrebbe perduto. Questo principio non si applica tra la raccolta di una coltura a semina autunnale e la successiva semina di un’altra coltura a semina autunnale, dovendo realizzare l’erbaio nel periodo estivo, la cui riuscita potrebbe essere impedita dal clima estivo. Questo impegno non riguarda i terreni con colture permanenti.
Accanto alle tre azioni, l’operazione 10.1.3 prevede che gli aderenti possano scegliere anche l’impegno facoltativo, da attuarsi almeno in due anni sui cinque di impegno, che prevede la semina a premio di erbai autunno-vernini da sovescio con prevalenza di graminacee, o di leguminose o di crucifere. La norma ha recentemente previsto dosi minime di seme per le semine dell’erbaio in purezza. Sono ammesse anche consociazioni; in questo caso la quantità di seme di ciascuna specie deve essere almeno pari al 50% della dose utilizzata per la semina in purezza.
L’erbaio deve essere seminato entro il 15 ottobre e deve essere mantenuto in campo fino al 10 marzo dell’anno successivo se la coltura seguente è riso, oppure fino al 20 marzo dell’anno successivo se la coltura è un’altra specie a semina primaverile (mais, sorgo, girasole, soia, ecc.).
Naturalmente l’erbaio intercalare non può coincidere con la coltura principale dell’anno successivo, non deve essere soggetto a fertilizzazioni o trattamenti con prodotti fitosanitari e non può dare origine a nessuna produzione, neppure per scopi energetici o zootecnici.
Trascorso il periodo minimo di mantenimento (10 marzo o 20 marzo) l’erbaio deve essere interrato. Gli erbai realizzati dalle aziende aderenti all’azione 2 – semina su sodo - non possono essere interrati per il rispetto della regole di questa azione che vieta ogni lavorazione del suolo, compreso l’interramento dei residui colturali e, analogamente, dell’erbaio.
Per terminare la coltura intercalare è consentito l’uso di disseccanti per la sua disattivazione a fine ciclo; i residui dell’erbaio disseccato devono rimanere sulla superficie del suolo.
Il bando 2016 dell’operazione 10.1.3 ha riscosso particolari favori da parte di molti agricoltori piemontesi, le cui domande sono state ordinate in graduatorie stilate per ciascuna azione. La graduatoria si è resa necessaria in quanto la dotazione finanziaria dell’operazione era limitata.
Se le domande presentate sulle azioni 1 (minima lavorazione) e 2 (semina diretta) avevano fondi sufficienti per l’ammissione al finanziamento di tutte le domande presentate, l’azione 3, che ha registrato la presentazione di 466 istanze, ne ha ammesso al finanziamento solo 70. Molte aziende hanno comunque utilizzato matrici organiche per la fertilizzazione delle loro colture anche in assenza del premio, segno di un’accresciuta sensibilità agro climatico ambientale.